Tag articolo: devastazione e saccheggio

GENOVA NON È FINITA. 13 e14 luglio Due giorni di iniziative a Roma all’Ex Snia Viscosa via prenestina 173

di , 10 luglio 2013 16:55

13 e 14 luglio. Due giorni di iniziative a Roma

Ex Snia Viscosa

via prenestina 173

ancheSNIAsmall

A un anno dalla sentenza definitiva per Genova 2001, in solidarietà con i compagni/e sotto processo per i fatti del 15 ottobre 2011, con Alberto, Marina, Gimmy e Ines nel cuore.

Due serate benefit con dibattiti, musica, teatro, spazi di socialità e ristoro

Sabato 13 luglio Concerto con Bone Machines, e Blood ’77, a seguire dj set con Tutti Frutti Apocalypse a cura di Murder Farts e Lubna Barracuda.

Nel corso della serata esposizioni artistiche e performance.

Domenica 14 luglio dalle 19.00 Spazio aperto ai musicisti di strada con aperitivo nell’orto

dalle 20.00 Incursioni musicali di Laura Inserra

dalle 21.00 Il Rave Teatrale delle “Voci nel Deserto”  in “La raccolta differenziata della memoria” con la partecipazione di Ascanio Celestini

Radio Onda Rossa,  Campagna 10×100, CSOA ex SNIA

 

GENOVA NON È FINITA.

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24 maggio: un convegno su libertà di conflitto

di , 12 maggio 2013 23:01

Libertà di conflitto

Il nemico interno: ordine pubblico e diritto penale da Genova 2001 ad oggi”

Convegno che si terrà il 24 maggio alle 17.30 al Teatro Valle Occupato
partecipano

Radiondarossa e la campagna 10×100
Francesco Romeo; Ezio Menzione (avvocati)
Donatella Della Porta (sociologa)
Eligio Resta (giurista)
Osservatorio contro la repressione
Supporto legale

Tra settembre ed ottobre 2012 sono state depositate le motivazioni delle sentenze di cassazione per due dei processi istruiti a seguito dei fatti occorsi a Genova nel 2001 durante lo svolgimento del G8. La prima è quella riguardante l’irruzione delle forze di polizia nella scuola Diaz. La seconda si riferisce al processo di 10 manifestanti accusati dei reati di devastazione e saccheggio.
Quello che accadde a Genova tra il 20 e il 22 Luglio 2001 è cosa che ha segnato in modo indelebile la storia recente di questo paese a cui nessuna sentenza, per quanto definitiva, potrà mai porre la parola fine. Prosegui la lettura '24 maggio: un convegno su libertà di conflitto'»

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Cosa resta per i giovani? Devastazione e saccheggio

di , 17 gennaio 2013 08:04

da Micromega

Bisogna sempre essere cauti di fronte al mare di numeri e statistiche che vengono snocciolati quotidianamente. Spesso vengono manipolati con cura ed utilizzati come specchietto per le allodole, quasi sempre vengono taciuti quelli più scomodi e ne vengono scelti con attenzione altri, per legittimare o delegittimare scelte prese o mancate. Proviamo a fare un gioco questa volta: utilizziamo dei dati molto interessanti, forniti da alcune ricerche uscite negli ultimi giorni rispetto alla condizione giovanile sul mercato del lavoro, ed affianchiamo questi numeri a delle immagini, delle evocazioni che compaiono nella mente di chi quelle statistiche le conosce bene, vivendole sulla pelle giorno dopo giorno. Prosegui la lettura 'Cosa resta per i giovani? Devastazione e saccheggio'»

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Lettera di Davide Rosci su devastazione e saccheggio

di , 10 gennaio 2013 12:29

Quando sono stato arrestato il 20 aprile scorso, dissi che ero sereno; ciò che mi portava ad esserlo era la fiducia che riponevo nella giustizia, la consapevolezza che gli inquirenti non avessero in mano niente di compromettente e la percezione che, nonostante il grande clamore creato ad hoc dai mass-media, il processo fosse equo ed imparziale, così come previsto dalla legge.
Mi sbagliavo! Ieri ho visto la vera faccia della giustizia italiana, quella manipolata dai poteri forti dello stato, quella che si potrebbe tranquillamente definire sommaria. Una giustizia che mi condanna a pene pesantissime, leggete bene, solo per esser stato fotografato nei pressi dei luoghi dove avvenivano gli scontri. Avete capito bene, ieri sono stato punito non perché immortalato nel compiere atti di violenza o per aver fatto qualcosa vietato dalla legge, ma per il semplice fatto che io fossi presente vicino al blindato che prende fuoco.
Non tiro una pietra, non rompo nulla, non mi scaglio contro niente di niente. Mi limito a guardare il mezzo in fiamme in alcune scene, e in un’altre ridere di spalle al suddetto.
Tali “pericolosi” atteggiamenti, mi hanno dapprima fatto guadagnare gli arresti domiciliari (8 mesi) ed ora anche una condanna (6 anni) che definirla sproporzionata sarebbe un eufemismo.
Permettetemi allora di dire che la giustizia fa schifo, così come fa schifo questo “sistema” che, a distanza di anni e anni, dopo una lotta di liberazione, concede ancora la possibilità ai giudici di condannare gente utilizzando leggi fasciste. Si, devastazione e saccheggio è una legge di matrice fascista introdotta dal codice Rocco nel 1930, che viene sempre più spesso riesumata per punire dissidenti e oppositori politici solo perché ritenuti scomodi e quindi da annientare.
Basta! Non chiedetemi di starmi zitto e accettare in silenzio tutto ciò, consentitemi di sfogarmi contro questo sistema marcio, che adotta la mano pesante contro noi poveri cristi e che invece chiude gli occhi dinanzi a fatti ben più gravi come il massacro della Diaz a Genova e i vari omicidi compiuti dalle forze dell’ordine nei confronti di persone inermi come Cucchi, Aldrovandi, Uva e molti altri ancora.
Non posso accettarlo! Grido con tutta la voce che ho in corpo la mia rabbia a questo nuovo regime fascista che mi condanna ora a Roma per aver osservato un blindato andare in fiamme e che ora mi accusa di associazione a delinquere a Teramo, solo per non aver mai piegato la testa.
Non mi resta altro che percorrere la via più estrema per far sì che nessun’altro subisca quello che ho dovuto subire io e pertanto così come fece Antonio Gramsci, durante la prigionia fascista, anche io resisterò fino allo stremo per chiedere l’abolizione della legge di devastazione e saccheggio, la revisione del codice Rocco e che questo sistema repressivo venga arginato.
Comunico pertanto che da oggi intraprenderò lo sciopero della fame e della sete ad oltranza fino a quando non si scorgerà un po’ di luce in fondo a questo tunnel eretto e protetto dai soliti noti.
Concludo nel ringraziare i mie fratelli Antifascisti, i splendidi ragazzi della Est, i firmatari del Comitato Civile, i tantissimi che mi hanno dimostrato solidarietà in questi mesi e soprattutto quanti appoggeranno questa battaglia.
Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa un dovere!
Rosci Davide
 

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15 ottobre: chiesti otto anni di carcere e 2 milioni di risarcimento per 5 teramani

di , 11 dicembre 2012 08:59

Da cityrumors

Otto anni di reclusione e un risarcimento danni per oltre 2miliono di euro. E’ questa la richiesta presentata oggi, alla procura di Teramo, nei confronti dei cinque teramani accusati di aver partecipato agli scontri a Roma, il 15 ottobre del 2011, con le forze di polizia.

Per la procura romana i 5 teramani devono rispondere di resistenza pluriaggravata, devastazione e saccheggio.Il Comune di Roma ha chiesto 900mila euro per i danni alla città, l’Ama (l’azienda della nettezza urbana) 300mila per i cassonetti, l’Atac (trasporti pubblici urbani) 500mila, l’Avvocatura dello Stato ha chiesto al giudice di quantificare il danno ricevuto dalle forze dell’ordine, mentre il difensore del carabinieri ferito e fuggito dal blindato in fiamme, ha avanzato richiesta di 50mila euro a testa per i cinque imputati. La sentenza è attesa per gennaio.

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15 ottobre: sulle ordinanze di custodia cautelare

di , 22 novembre 2012 18:08

Questa mattina il gip del Tribunale di Roma Riccardo Amoroso ha firmato cinque ordinanze di custodia cautelare per altrettanti manifestanti presenti a Roma il 15 ottobre dello scorso anno. Rischio di reiterazione del reato è la motivazione, probabilmente in vista delle numerose manifestazioni anche studentesche che stanno proseguendo in tutta italia.

Due compagni sono agli arresti domiciliari, uno di Savona e uno di Magenta (Milano, anche se si trova già in carcere), tre invece hanno gli obblighi di firma (2 a Roma e uno a Cosenza). I reati che gli vengono contestati insieme ai precedenti indagati in varie città d’Italia sono l’art. 419 devastazione e saccheggio e resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale. Gli episodi  riguardano l’assalto all’ufficio postale di via Cavour, il danneggiamento del distributore del carburante ENI di Largo Corrado Ricci, delle vetrine dell’agenzia Man Power di via Labicana, della filiale della Banca Popolare del Lazio di via Merulana, l’incendio della caserma dell’Esercito e di quella della Guardia di Finanza di via Labicana. Da un minimo di 8 ad un massimo 15 anni di reclusione è la pena prevista per i reati di devastazione e saccheggio. Dopo la cassazione di luglio sui fatti di Genova 2001 che vede un compagno e una compagna in carcere, questo sembra oramai lo strumento normativo per reprimere il dissenso in piazza accanto alla resistenza pluriaggravata che prevede una pena che va da un minimo di 3 ad un massimo di 15 ani di reclusione.

I media continuano a parlare di anarchici e tifoserie violente senza rendersi conto che alla manifestazione del 15 ottobre 2011 era sceso in strada un movimento che si oppone a queste logiche economiche di sfruttamento. Si conferma una tendenza che è quella di elevare al massimo la repressione per i fatti di piazza per conseguire due obiettivi: dissuadere i cittadini dal partecipare alle proteste di piazza (le notifiche di questa mattina ne sono una conferma visto che in questi giorni le piazze sono piene di proteste soprattutto studentesche); convincere tutti e tutte coloro che vanno in piazza che bisogna protestare educatamente nei recinti e nei percorsi prestabiliti dalle forze di polizia.

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La campagna 10×100 non è finita

di , 1 agosto 2012 09:35

Il 13 luglio la Corte di Cassazione ha confermato le condanne in via definitiva per devastazione e saccheggio (419c.p.) per 10 manifestanti per i fatti di Genova 2001.
Per 2 di loro è scattato subito il carcere, per una la sospensione della pena avendo una bambina piccola, due sono irreperibili, mentre gli altri cinque sono stati rimandati in appello per delle attenuanti di pena per aver agito nella «suggestione della folla in tumulto».
Ci siamo chiesti da subito se la campagna 10×100 dovesse continuare e in che modo.
La diffusione capillare della campagna e l’indignazione diffusa per la sentenza ci hanno detto con forza che Genova non è finita, nonostante le condanne, nonostante le falsità e l’amaro in bocca per i risultati del processo Diaz. Genova non sarà finita finché noi continueremo ad esserci, a ricordare e a continuare a batterci.
Facciamo perciò appello a tutte e tutti voi, che in un mese e mezzo avete contribuito a far crescere questa campagna, che avete condiviso parole, intenzioni, messaggi, sostenuto e difeso i dieci, impedendo che le ragioni del movimento di Genova venissero sommerse dalle fredde enunciazioni di un tribunale. Eppure un tribunale qualcosa l’ha deciso: le vetrine valgono più delle persone. Anche per questo la campagna 10×100 deve proseguire.
Per continuare a battersi affinché questo terribile reato fascista di “devastazione e saccheggio”, che prevede delle pene maggiori di un omicidio, venga eliminato dal codice penale. Un reato che si sta cercando di utilizzare sempre più spesso contro chiunque provi a ribellarsi, come per esempio per la manifestazione del 15 ottobre.
In questo momento è importante non lasciare sole le due persone ora in carcere e le altre che rischiano di finirci a breve.
Dovranno sostenere delle spese processuali non indifferenti, è importante uno sforzo comune. Questo mentre ancora siamo all’oscuro della cifra esatta (almeno 700mila euro) che il Ministero dell’Interno si è affrettato a sborsare per pagare gli avvocati dei poliziotti imputati per la Diaz. Pretendiamo di sapere quanti fondi pubblici sono finiti nelle tasche dei super avvocati della polizia. Pretendiamo di sapere quando saranno versati i risarcimenti per i manifestanti torturati a Bolzaneto, che ancora aspettano.

Anche per questo, invitiamo tutte e tutti a partecipare attivamente alla raccolta fondi a sostegno delle spese legali dei dieci manifestanti: inviando il vostro contributo sul conto corrente postale 61804001 intestato a Coop. Lab. 2001 – via dei volsci 56 – 00185 Roma. Causale: CASSAZIONE.

Inoltre la campagna vuole esprimere tutta la sua solidarietà ai detenuti e alle detenute che sono in lotta in questi giorni contro le condizioni disumane di sovraffollamento in cui sono costretti a vivere.

Contro il reato di devastazione e saccheggio, per la libertà di tutti e tutte, per quel mondo diverso che non smetteremo mai di costruire.

Genova per noi non sarà mai finita.

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Analisi di un reato politico

di , 12 luglio 2012 13:10

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Genova 2001: il difficile cammino della giustizia

di , 11 luglio 2012 15:21

di Lorenzo Guadagnucci, Comitato Verità e Giustizia per Genova, tratto da zeroviolenzadonne

Ora che un po’ di giustizia è stata fatta e che alcuni alti dirigenti di polizia sono stati obbligati a lasciare gli incarichi, sta diventando molto chiaro quanto è difficile per il nostro paese fare davvero i conti con il G8 di Genova del 2001. Nemmeno una sentenza passata in giudicato, a ben undici anni dai fatti, ha spinto il sistema istituzionale a guardare dentro se stesso e riconoscere i propri buchi neri, la propria incapacità di garantire i diritti fondamentali e il sacrosanto principio d’uguaglianza.

Le condanne al processo Diaz sono state accolte nei palazzi del potere con stupore e con freddezza. Dal mondo politico parlamentare non si è alzata una sola voce per indicare la via maestra delle necessarie riforme, rese urgenti dalla decisione della Cassazione: una legge sulla tortura, la riconoscibilità degli agenti in servizio di ordine pubblico, la creazione di un organismo indipendente di tutela dei diritti umani. E si è permesso al capo della polizia di cavarsela con goffe dichiarazioni di scuse e al suo predecessore, nel frattempo incredibilmente salito a responsabilità di governo, di ostentare solidarietà con i condannati e di rifiutare, per l’ennesima volta, una seria e leale assunzione di responsabilità.

Non stiamo dunque uscendo dagli scempi di Genova G8 camminando lungo la strada della giustizia autentica. Abbiamo solo sprazzi di una giustizia lenta e insicura. I tribunali condannano sì decine di funzionari (fra Bolzaneto, Diaz e altre vicende improriamente dette minori) e passano certo alla storia per il “coraggio” (ma applicare la legge dovrebbe essere “normale”) mostrato nell’inibire per 5 anni i dirigenti più esposti, ma non si è innescato ciò che costituisce la vera missione della magistratura, cioè un controllo indipendente, con gli strumenti giurisdizionali, volto a far sì che chi sbaglia non solo paghi ma impari la lezione e prenda provvedimenti conseguenti.

L’allontanamento dei dirigenti condannati è frutto della pena accessoria inflitta dal tribunale di secondo grado e confermata dalla cassazione: altrimenti niente sarebbe accaduto. Prova ne sia la permanenza in servizio di funzionari condannati in via definitiva e ancora al loro posto. D’altronde si è ignorata per anni la regola dettata dalla Corte europea per i diritti dell’uomo, la quale dice che i funzionari rinviati a giudizio devono essere sospesi e poi rimossi in caso di condanna (che ci siano o meno le pene accessorie).

Non siamo sul cammino della giustizia perché non possiamo dimenticare il mancato processo per l’omicidio di Carlo Giuliani e perché il 13 luglio rischia davvero di consumarsi un’altra ingiustizia. Verso i 25 manifestati chiamati in causa, è stato costruito in questi anni un “processo esemplare”, chiamato di fatto a compensare, agli occhi dell’opinione pubblica, i procedimenti avviati contro decine di agenti e funzionari delle forze dell’ordine. Sono rimasti in ballo, alla vigilia del terzo grado di giudizio, una decina di cittadini, sui quali rischia di ricadere tutto il peso della “ragion di stato”. Cosa c’è di più ingiusto di una sorte del genere? A questi imputati sono state inflitte pene così alte, rispetto ai fatti contestati, da lasciare increduli: fino a 13 anni. E il confronto con le pene inflitte agli altissimi dirigenti condannati per il caso Diaz rende ancora più dolorosa la prospettiva di una conferma del giudizio di secondo grado, perché qui non ci sono prescrizioni salvifiche.

Già sappiamo, comunque vada il 13, che dovremo batterci per una riforma in più oltre a quelle già indicate, e cioè una revisione, o meglio la cancellazione dell’odioso reato di devastazione e saccheggio, un reato anacronistico e punitivo, in termini di previsioni di pena, oltre ogni ragionevolezza.

La Corte di Cassazione, quando è stata chiamata a giudicare sui processi scaturiti da Genova G8, ha mostrato indipendenza (il 5 luglio) e una bella dose di fantasia (con l’assoluzione del prefetto De Gennaro, decisa con motivazioni poco ortodosse rispetto ai meri compiti istituzionali di valutazione delle questioni di legittimità). A così breve distanza dal giudizio, dobbiamo augurarci che stavolta i giudici di cassazione agiscano con saggezza e riportino sui binari della ragionevolezza un giudizio che rischia altrimenti di trasformarsi in un’inutile vendetta.

* Comitato Verità e Giustizia per Genova

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10×100: le ragioni della campagna

di , 10 luglio 2012 15:51

[...]Che tempi sono questi in cui
Un discorso sugli alberi è quasi un reato
Perché comprende il tacere su così tanti crimini!
Quello lì che sta tranquillamente attraversando la strada
Forse non è più raggiungibile per i suoi amici
Che soffrono?
[...] b. brecht, 1939 – “A quelli nati dopo di noi”

Quando abbiamo lanciato la campagna 10×100 non immaginavamo che migliaia di persone sul web avrebbero raccolto questo appello.
Manca una settimana alla sentenza in Cassazione, quando 10 manifestanti, nostri compagne e compagni, vedranno deciso il loro immediato futuro. Se la sentenza di condanna in appello venisse confermata, il carcere diverrebbe la loro realtà quotidiana per i prossimi anni.

Nell’incontro “Costruzione del nemico : criminalizzazione degli indesiderati da Genova ad oggi” abbiamo voluto indagare insieme ad avvocati e attivisti per i diritti civili il peso che certe condanne – politiche – hanno nel ridefinire gli spazi del nostro agire, non solo in quanto attivisti, ma anche come abitanti di questo paese.

Pensiamo ai diversi casi di tortura che avvengono nelle celle delle caserme e delle carceri. Pensiamo alla progressiva sostituzione delle leggi con la decretazione d’urgenza. Ai diversi pacchetti sicurezza prodotti negli ultimi anni. Alla individuazione di siti di interesse strategico senza ascoltare le ragioni delle popolazioni (Val di Susa, discariche, siti per la costruzione delle centrali nucleari). Pensiamo al referendum popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua, disatteso e inascoltato. Pensiamo, quindi, all’accanimento con cui hanno perseguito 10 persone condannate per devastazione e saccheggio: un reato figlio del fascismo che
punisce in maniera spropositata reati lievi contro le cose, o la resistenza. Ma soprattutto punisce anche solo la partecipazione, la ”compartecipazione psichica”.

Il messaggio è chiaro, come ha dichiarato anche Antonio Manganelli nella sua relazione del 20 febbraio scorso: non è più importante capire se si commette un delitto o meno, ma che il solo manifestare, il solo scendere in piazza è già un elemento di colpevolezza.
In altri paesi certe dichiarazioni desterebbero scalpore, soprattutto se escono fuori dalla bocca del vicecapo della polizia all’epoca delle manifestazioni contro il G8 di Genova. Siamo però in Italia, e sappiamo che la catena di comando di Genova 2001 ha nel frattempo ottenuto avanzamenti di carriera e siede oggi ai vertici delle forze di polizia e d’intelligence del paese. Sappiamo che la Camera dei Deputati non ha mai voluto aprire una commissione d’inchiesta su quelle vicende. Sappiamo che si è voluto circoscrivere Genova a un enorme problema di ordine pubblico, che andava gestito con tutta la forza necessaria.

Nel suo libro “In marcia con i ribelli” Arundhati Roy torna a raccontare la “guerra ai poveri” condotta dallo stato indiano in difesa dei grandi poteri economici. A noi, che viviamo nella cara vecchia Europa, si dice che dobbiamo sopportare le ricadute pesanti della crisi economica, cercando di ritrovare l’ottimismo.

Se non vogliamo chiamarla anche noi guerra ai poveri è certo che le misure di austerity e le ‘manovre d’estate’ dei diversi stati europei ci renderanno tutte e tutti un po’ più poveri di prima, restringendo poi ulteriormente gli spazi d’espressione e di partecipazione delle e dei cittadini.

Le ragioni di una campagna come questa, dunque, risiedono qui.
Nel ricordare che prendere parola per i 10 condannati per devastazione e saccheggio vuol dire affermare che le vite delle persone valgono più di un oggetto danneggiato durante una manifestazione. Che la solidarietà è un valore opposto e contrario alla solitudine in cui le si vorrebbe lasciare. Non si tratta di decidere se sia giusto o sbagliato, se ci siano metodi più o meno corretti di manifestare. Si tratta, oggi più che mai, di capire che c’è una sfera incedibile si sovranità, che è quella che attiene al dissenso, alla volontà di cambiare le proprie condizioni di vita, di pretendere il meglio per sé e per gli altri.

Per questo diamo appuntamento davanti alla Cassazione a Piazza Cavour per le ore 10:30 per una conferenza stampa.

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